Dopo aver vinto lo scorso anno il People’s Choice Award al Toronto International Film Festival, riconoscimento chiave della fase embrionale dell’Awards Season, The Life of Chuck, finalmente arriva nelle sale americane dopo aver “subito” la scelta della NEON di posticiparne l’uscita di un anno.

Molto probabilmente questa inattesa scelta è stata dettata dal fatto che avesse tra le mani un altro “cavallo di battaglia” come Anora di Sean Baker, fresco vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes. Scommessa che si è rivelata vincente visto il suo exploit durante l’Awards Season che l’hanno portato a conquistare ben 5 premi Oscar.
The Life of Chuck: un viaggio a ritroso nel cuore di King
Si tratta di un film drammatico con sfumature di fantascienza, diretto da Mike Flanagan e tratto dall’omonimo racconto contenuto nell’antologia If It Bleeds di Stephen King, pubblicata nel 2020 (Se scorre il sangue, nell’edizione italiana). L’opera si sviluppa attraverso 3 capitoli narrati in ordine cronologico inverso, partendo dalla morte di Charles “Chuck” Krantz, colpito da un tumore al cervello a soli 39 anni, per risalire fino alla sua infanzia in una casa che pare infestata. Una biografia intima raccontata al contrario, come una pellicola che si riavvolge, ma che invece di perdere significato ne acquista ad ogni fotogramma.

Molti dei film più amati ispirati alle opere di Stephen King si muovono tra le atmosfere horror (Carrie, Misery, La zona morta) o le rivisitazioni stilizzate (Shining di Kubrick). Eppure, è proprio il lato più eccentrico, malinconico e meno “di genere” della sua narrativa ad aver dato origine alle trasposizioni cinematografiche più sorprendenti, come Stand By Me o, oggi, The Life of Chuck. In questo nuovo adattamento, King firma una storia ricca di filosofia, profondamente emotiva e sorprendentemente gioiosa, che trova in Flanagan il suo interprete più maturo.
La carezza malinconica di Mike Flanagan: un’opera che conforta
Oscillando tra il meditativo e il rivelatore, The Life of Chuck evita con eleganza il sentimentalismo e lo stucchevole. È una favola moderna raccontata con la precisione di una fiaba e la vitalità travolgente di un musical, sprigionando la stessa meraviglia che si prova contemplando un cielo stellato. Non è soltanto il miglior film di Mike Flanagan: è l’opera a cui ha dato forma per tutta la sua carriera, il culmine di un percorso fatto di empatia, inquietudine e profondità emotiva.

Dolce e spaventoso al tempo stesso, il film affronta paure umane universali — l’isolamento, la perdita, l’incapacità di connettersi con chi e ciò che amiamo. Se l’atto di apertura può risultare narrativamente meno compatto, ciò che segue è puro incanto: una straordinaria storia di formazione infantile, illuminata dall’interpretazione rivelazione di Matthew Lillard Pajak e dalle toccanti coreografie condivise con Tom Hiddleston.
In questo film, Flanagan dirige emozioni allo stato grezzo con la stessa intensità di sempre, ma per la prima volta lo fa per confortare lo spettatore, non per inquietarlo. The Life of Chuck è una carezza malinconica nel caos dell’esistenza, una dichiarazione d’amore alla fragilità e alla bellezza della vita.
Il cielo sopra Chuck: incanto e fragilità
Non tutti i critici hanno trovato però la narrazione coerente: alcuni lamentano la mancanza di un tono omogeneo o l’impressione che il film sia troppo evanescente, come un’apparizione destinata a svanire. Per altri, l’ambizione non basta a giustificare l’adattamento di un racconto così filosofico, che sullo schermo rischia di apparire più come un tributo riverente alla prosa di Stephen King che una trasposizione cinematografica compiuta.
C’è poi chi ha trovato la visione infantile e superficiale, incapace di restituire la profondità del materiale di partenza, e chi ha criticato la prevedibilità dei messaggi proposti, ridotti a cliché privi di forza emotiva. Nonostante le riserve, però, resta un’opera capace di lasciare un’impressione luminosa, seppur fugace, in chi è disposto a lasciarsi coinvolgere dal suo sguardo incantato sul significato dell’esistenza.

FILM CORRELATI
Se vi piacerà The Life of Chuck, allora ci sono diverse opere che potreste voler recuperare, visto il tono intimo, emotivo e a tratti esistenziale del film. Dalla filmografia di Mike Flanagan spiccano: Doctor Sleep (2019) in cui riesce a infondere una profonda empatia nei personaggi e a esplorare temi come la redenzione, l’abuso e il superamento dei traumi, con un tocco di malinconia simile a quello di The Life of Chuck. Anche qui la vita passata influenza il presente;

A cui si aggiunge Gerald’s Game (2017), un altro adattamento di King, caratterizzato da un’immersione psicologica intensa, quasi claustrofobica, che esplora il trauma e la resilienza della protagonista. Meno “fantascientifico” ma molto focalizzato sul viaggio interiore. Per lungo tempo considerato “infilmabile” a causa della sua natura estremamente introspettiva e della quasi totale mancanza di azione esterna.

Senza dimenticare Stand by Me – Ricordo di un’estate di Rob Reiner (1986), tratto dalla novella “The Body”, che esplora l’amicizia, la perdita dell’innocenza e il potere della memoria, temi molto presenti anche in The Life of Chuck. È un dramma senza elementi sovrannaturali, ma con una profonda risonanza emotiva.
